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TRE GIORNI SPECIALI CONTRO OGNI SORVEGLIANZA

Il comune di Bologna investirà svariate migliaia di euro per l’ammodernamento dei sistemi di sicurezza cittadini. Nuovi occhi tecnologici si staglieranno nelle strade alla ricerca di tutto ciò che non è conforme. Che lo si chiami degrado, terrorismo, tossicodipendenza o devianza, lo stato, il dominio che impartisce autorità, modernizza e raffina a ritmi serrati le sue strategie di prevenzione. L’obiettivo reale, al di là dei tornelli, al di la dei cartelli obliterati, al di la delle telecamere e della polizia nella strade è la costrizione ad adeguarsi ad un registro imposto, quello della prevedibilità nell’inquadramento totalitario e totalizzante. La loro “sicurezza” non è altro che pretesto per perpetuare una logica di controllo e consumo dove tutto ciò che intacca i loro interessi diviene automaticamente nemico/pericolo pubblico. Solo qualche settimana fa 47 No Tav sono stati condannati a scontare dai 3 ai 4 anni per aver combattuto nell’estate del 2011 contro le truppe d’invasione che oggi stanno devastando la Val Susa. Il 13 di febbraio verranno richieste le condanne per il 15 ottobre 2011 a 18 persone indagate per devastazione e saccheggio, altre condanne pesantissime (tutte intorno ai sei anni) sono state chieste per i compagni di Teramo Antifascista per la stessa giornata di rivolta. In questo scenario repressivo, la Questura di Bologna non è da meno, e dopo averci provato per anni con: denunce a pioggia, manciate di fogli di via, obblighi/divieti di dimora ed associazioni a delinquere decisamente “fuori luogo”, non poteva mancare all’appello la sorveglianza speciale, richiesta al momento per quattro compagni. Tale misura, che consente di mettere in isolamento a piede libero e in condizione di non nuocere, chiunque sia considerato un pericolo dai detentori del potere, non è un appannaggio esclusivo della questura di Bologna; infatti negli ultimi mesi una decina di compagni fra Torino e Saronno rischiano o hanno rischiato questo provvedimento infame.
Le strette repressive contro chi lotta, sono strette contro la possibilità di ribellarsi di chiunque. Punire chi lotta e chiunque non voglia adeguarsi ad uno stile di vita preconfezionato, mira ad incutere timore a chi avesse avuto idea di ribellarsi e toglie complici ed energia a chi resta fuori a lottare.
Non possiamo che gioire nella consapevolezza di constatare che finché ci sarà qualcuna/o che non piegherà la testa, lo stato non l’avrà mai vinta.
Ad ogni nuovo strumento di controllo e repressione che il sistema ci impone, troveremo 10,100,1000 sentieri per evadere alla loro normalità e continuare ad attaccare.
Ci vorrebbero servi, ci hanno ribelli!

Tre giorni in autogestione di dibattiti, work-shop, distribuzione di materiale informativo, cibo vegan, musica e voglia di stare assieme in
Aula C a scienze politiche St. Maggiore 45.