Sosteniamo e divulghiamo questa campagna di libertà che sta nascendo contro un insulsa persecuzione giudiziaria ai danni di giovani rei solamente di avere dei valori e molta creatività nel volerli difendere.
Invitiamo tutti e tutte a sostenere questa battaglia adottando il banner:
***
Amici e amiche, fratelli e sorelle, compagni e compagne, giovedì 18
settembre saremo processati per la vicenda delle mani rosse. Di seguito
trovate una lettera di solidarietà, che intendiamo fare
firmare a musicisti / artisti / politici / intellettuali / docenti /
architetti / gruppi e organizzazioni formali e informali / personalità
pubbliche. I primi firmatari sono gli artisti che esporrano alla Gamec di
Bergamo per l’evento dedicato alla stencil art organizatto dalla Traffic
Gallery, per sabato 20 settembre. Questo segnale ci pare già di per se
molto importante. Ad ogni modo vi chiediamo di aiutarci: ogni firma
sotto la nostra lettera rende la stessa più forte,
permettendoci di diffondere la nostra storia.
Perciò fate girare questa lettera quanto più potete, a chiunque ritenete possa firmarlare (tendenzialmente non privati cittadini sconosciuti).
Vi chiediamo di essere celeri (l’ideale sarebbe che pervenissero entro martedì 16).
Per maggiori informazioni sulla vicenda:
manirosse.noblogs.org – myspace.com/manirosse
Per firmare la lettera mandate una mail intitolata "ok" a:
Grazie in anticipo
I tre delle mani rosse
TANA LIBERA TUTTI E TUTTE!
Nel mese di giugno 2006, un numero imprecisato di mani rosse disegnate a
vernice spray invadeva la città di Bergamo, generando fin da subito la
curiosità della popolazione e dei media locali. Successivamente, alcune
performance dei misteriosi autori delle stesse mettevano in relazione il
simbolo seriale con la frase “tana libera tutti”, frase che rimanda al
più classico e universale dei giochi infantili: “guardie e ladri”.
Ogni mano rappresentava quindi la cosiddetta “tana”, su cui ognuno e
ognuna di noi, in tenera età, ha appoggiato la propria mano chissà quante
volte. Così sappiamo che raggiungere la “tana” e gridare “per
tutti” equivale a liberare, oltre a sé, anche tutti gli altri
“ladri” in fuga. Ecco allora spiegato l’enigma: le mani rosse
racchiudono una innocente ed elementare richiesta di libertà.
I muri della città, con tutti quei segni controversi, parlano di esperienze di vita, concrete e condivise.
Parlano di gioie e dolori, tensioni ideali e sogni infranti, sono la
cronaca vivida della nostra epoca. Con questo non intendiamo avvallare
acriticamente ogni singolo graffio di vernice, tuttavia osserviamo il
fenomeno, pur nelle sue contraddizioni, sotto il suo profilo più nobile,
quale strumento impareggiabile di partecipazione democratica.
A chi percepisce l’arte di strada come mero atto vandalico, come
danneggiamento della vergana “roba” altrui, rispondiamo con una
constatazione inappellabile: quei segni, prodotto e testimonianza del
nostro tempo, sono destinati, come il nostro presente, a scomparire sotto
il carico del tempo, cancellati da inevitabili ristrutturazioni
architettoniche o, più semplicemente, consumati dalle intemperie. E’ sotto
gli occhi di tutti: le mani rosse sono state decimate nell’arco di un paio
d’anni e di quelle restanti, già sbiadite, è impossibile non osservare il
lento deperimento. A chi non può tollerarne l’estetica, seppure
temporaneamente, vorremmo fare osservare che esse sono il prodotto di una
città che, come già affermato, vive e respira, e che la scelta di viverci
impone inevitabilmente l’incontro con l’altro, nelle forme di scambio di
cui una società ha scelto spontaneamente di dotarsi. Va osservato, a
questo proposito, che la quantità e la varietà dei segni murali che
campeggiano in ogni città del pianeta, fino al suo angolo più remoto,
fanno vacillare la reiterata lettura della “gente per bene”, che ne
attribuisce la paternità ai “soliti pochi idioti”, restituendo invece
l’immagine di un movimento di massa, forse tra i più importanti e
partecipati del nostro tempo.
Su questi presupposti intenderemmo muovere alcune osservazioni sulla
vicenda delle mani rosse. Nel corso della campagna gli agenti della
Questura fermavano tre giovani incensurati armati di vernice spray, uno
stancil a forma di mano, una videocamera e un nastro in cui alcune persone,
con il volto nascosto e armate di pistole ad acqua colorate, rivendicavano
le mani rosse. I fatti intercorsi successivamente hanno il sapore della
persecuzione bella e buona. Nonostante l’eterogeneità di fattura delle
mani rosse sembra escludere la possibilità che dietro la campagna vi fosse
un’unica regia (tanto meno composta da soli tre individui), i tre vengono
accusati per tutte le mani rosse comparse a Bergamo, indistintamente.
Inoltre, la persona proprietaria della videocamera, pur non comparendo in
nessun frangente del video ed essendone presumibilmente semplice autrice,
viene incolpata anch’essa, non solo delle performance registrate nel
nastro, ma anche di tutte le altre. Non esistendo prove materiali a
supportare l’impianto accusatorio, viene fatto ricorso al cosiddetto
“concorso morale”, prefigurando una fantascientifica
“compartecipazione psichica” dei tre con altri attori ignoti (anche
estranei) e ricorrendo così ad una “stravaganza” giuridica
dell’ordinamento italiano, senza corrispettivo in nessun altro paese
europeo.
Il tutto viene condito da una strategia tesa a trasformare la vicenda in
una punizione esemplare. Innanzitutto, condotta mai adottata prima, le
forze dell’ordine procedono ad una mappatura delle mani rosse realizzate in
città e, muniti di una inusuale denuncia preconfezionata, operano una
raccolta “porta a porta” delle querele. Intanto, L’Eco di Bergamo
promuove una campagna mediatica in cui, mentendo, si sostiene che la
Questura sarebbe in possesso di filmati che inchioderebbero i tre
denunciati anche per le performance delle settimane precedenti (implicito
incoraggiamento per la raccolta delle querele). Parallelamente il Comune di
Bergamo decide di costituirsi parte civile e di invocare il risarcimento
dei danni: 100.000 euro. La cifra deve essere sommata ai risarcimenti
corrispondenti alle altre 56 (!) querele raccolte dalle forze dell’ordine,
oltre che, in caso di condanna, alle spese legali proprie e delle altre
parti in causa e all’ammontare delle sanzioni amministrative. Se la
punizione economica così configurata viene messa in relazione alle
condizioni di vita dei tre denunciati, la stessa appare ancora più
insostenibile. Conosciamo fin troppo bene le condizioni precarie di lavoro
e di vita della nostra generazione, così bene da sapere quanto quella
cifra stratosferica rischi di diventare una spada di Damocle a tempo
indeterminato sull’esistenza di tre nostri coetanei.
L’anomalia dell’operazione contro le mani rosse appare evidente se
confrontata con circostanze analoghe. Già nella campagna 052, i quotidiani
locali avevano documentato la stessa con alcune fotografie e L’Eco di
Bergamo pubblicava un’istantanea che ritraeva un soggetto mascherato
nell’atto di tracciare a vernice il marchio misterioso sulla parete di un
palazzo cittadino. Eppure nessun giornalista fu allora accusato di concorso
morale con gli autori della campagna, come accaduto invece per uno dei tre
inquisiti per le mani rosse. Inoltre, perché nei confronti della Lega Nord
non sono mai state assunte le misure applicate invece con zelo alle mani
rosse? Eppure la provincia di Bergamo è così capillarmente invasa dalle
scritte del partito di Bossi da far sembrare le mani rosse davvero poca
cosa. Senza considerare che la Lega Nord non è certo l’unico partito che
utilizza le scritte a vernice come strumento di propaganda politica..
La vicenda delle mani rosse diventa così il pretesto per lanciare un
monito rigoroso a tutti e tutte coloro che in città decidessero in futuro
di lasciare il proprio segno murale (partiti esclusi, evidentemente); come
a dire che la tolleranza è finita, per chiunque. Non siamo perciò di
fronte ad un caso particolare. A profilarsi è una nuova concezione della
sfera pubblica, in una città razionale dove la dimensione sociale e
l’incontro/confronto spontaneo tra i suoi abitanti perdono progressivamente
centralità. La repressione contro le mani rosse investe altre questioni
più generali, da cui dipendono la vivibilità degli spazi urbani e le
opportunità di libera fruizione degli stessi, da parte di migliaia di
cittadini e cittadine. Pensiamo che questa vicenda si inserisca nel solco
di altre misure aberranti passate alla ribalta negli ultimi mesi, come i
decreti anti-bivacco, o il surreale divieto di utilizzare percussioni dopo
le ore 22 (in realtà, escamotage per bandire la musica dal vivo da
Bergamo). A Bergamo, come in altre città italiane, musica e arte diventano
discipline clandestine e le opportunità di incontro si assottigliano; il
silenzio di questa città laboriosa si fa sempre più opprimente.
Ecco allora che il significato di libertà racchiuso in tutte quelle mani
rosse acquisisce nuove e più generali valenze nel profilarsi di due
immagini di città in conflitto tra loro. Da una parte una città chiusa,
ordinata e controllata; una città battuta da pattuglie e deserta al calare
del sole. Dall’altra parte una città aperta, vissuta di giorno e di notte;
una città che interagisce, che vive le sue piazze come luogo di
convergenza di persone, esperienze e propositi; una città che comunica,
dove le forme e i colori prendono il posto del grigio cemento e le pareti
assumono le sembianze di un grande racconto collettivo. Da una parte una
società che accetta silenziosamente regole, tempi e modalità imposte da
altri nella fruizione dei luoghi della propria quotidianità, dall’altra
una società che concerta le regole della convivenza civile, contempla il
conflitto come strumento del progresso, incontra l’altro e fa della
diversità la propria virtù. Rimanere a guardare e indugiare nella propria
scelta oggi è impossibile; in gioco c’è il Futuro. A voi la parola, noi
abbiamo già scelto.
«Lì ci sono chiese, macerie, moschee e questure; lì frontiere, prezzi
inaccessibili e freddure; lì paludi, minacce, cecchini coi fucili,
documenti, file notturne e clandestini. Qui incontri lotte, passi
sincronizzati, colori, capannelli non autorizzati, uccelli migratori, reti,
informazioni, piazze di tutti, laiche e pazze di passioni». (Mappe della
libertà, Assalti Frontali)