Non ti sei accorto che ci siamo un po’ abituati ad abbassare la voce?
Una mobilitazione nuova è emersa in questo paese. Una mobilitazione nata
nelle scuole elementari come contestazione del ddl Gelmini che prevede un
taglio drastico del finanziamento alla scuola pubblica e un ritorno alla
figura del maestro unico.
Partendo dall’ autorganizzazione dei genitori e maestri della scuola
elementare questa contestazione ha acquisito forza, arrivando a mobilitare
le studentesse e gli studenti medi.
In queste due settimane la mobilitazione è arrivata all’università, non
solo come critica della riforma Gelmini, ma anche come opposizione
generale agli effetti della finanziaria Tremonti sull’università.
Una finanziaria che prevede l’assunzione di un solo ricercatore per ogni
cinque docenti che godranno del pensionamento (il famoso turnover del
20%); il taglio di 500milioni di euro dal fondo di finanziamento ordinario
per l’università nel prossimo triennio e la possibilità di trasformare le
università in fondazioni private.
Queste manovre sono in linea perfetta con il processo di aziendalizzazione
della formazione pubblica, che in ambito universitario si delinea, a
livello europeo, nel processo di Bologna.
Un processo che vuole creare un’università in cui il sapere deve
conformarsi alle categorie di mercato, di merce, di performance e
produttività aziendale. Un sapere acritico, privo di autonomia e di
elaborazione collettiva. Un’università che non porta al cambiamento, ma
che riproduce conformità, precarietà ed alienazione.